GIGI MAURO
E’ il volontario che più di tutti conosce Mirella perché l’ha aiutata tante volte a incontrare la gente. Da lui Mirella è stata accompagnata a Lourdes.
Nato a Taurisano il 4 febbraio 1944 vive in Viale Rimembranze 54, sempre a Taurisano. E operaio presso il salumificio Scarlino.
Patente n. 106583
Cellulare 3336016084
Ho conosciuto Mirella nel 1978/79 era convalescente dopo essere stata ricoverata nell’ospedale Vito Fazzi di Lecce, operata a un tumore al cervello che però non fu possibile asportare, anzi i medici erano convinti che le sarebbero rimasti solo tre mesi di vita.
Come sono arrivato io a conoscere Mirella?
A questo punto devo cominciare col narrare due piccoli episodi che hanno fatto scoppiare in me la scintilla del volontariato dedicando il mio tempo libero a tutte quelle persone che deambulano in carrozzella, a quelle persone che non possono uscire di casa perché costrette a letto.
Agosto 1975, ore 16; uscito da casa, mi recavo al lavoro, nel mio negozio di parrucchiere, quando, dopo aver fatto poche centinaia di metri, da un’abitazione vidi uscire correndo un bambino, età cinque anni circa, che attraversava la strada sempre correndo. Io mi trovavo a circa quattro metri di distanza quando sopraggiungeva un camioncino. Il conducente accortosi all’improvviso, frenò ma non poté evitare il bambino che cadendo andò a finire con i piedi sotto la ruota posteriore destra del camion. Io mi precipitai, presi il bambino in braccio, lo portai dentro casa dai nonni che presero un po’ d’acqua per versarla sui piedi e dargliene da bere per fargli passare la paura. Cercai di rassicurare i parenti di non temere perché il bambino non si era fatto alcun male e poi andai via. Il bambino cadendo era davvero finito sotto la ruota ma, quel che io vidi fu una piccola figura apparsa in una luce che superva quella del sole, fu come lo scatto di un flash, vidi la ruota del camion che si sollevava e che si ammortizzava, come se si sgonfiasse e quindi il bambino, dopo pochi minuti, si mise di nuovo a giocare come se niente fosse successo. Per me fu un episodio finito bene e non parlai con alcuno.
Tre anni più tardi 1978, mi trovavo nei pressi del mio negozio quando a poche decine di metri vidi transitare un ragazzo su una sedia a rotelle che a fatica riusciva a spingerla. Si trovavano sul suo passaggio un gruppo di tre persone che, pur vedendolo, non lo aiutarono, né lo salutarono, anzi gli voltarono le spalle. Due giorni dopo andai a trovare questo ragazzo a casa sua e nacque subito l’amicizia: è ciò che vogliono queste persone.
Un giorno del mese di ottobre si teneva nella Cattedrale di Ugento una Santa Messa in occasione della partenza di un Sacerdote nello Zaire ed io invitai questo ragazzo con la carrozzella a partecipare: accettò molto volentieri. Per non dilungarmi dirò solo che nel momento della Comunione veniva verso di noi un sacerdote anziano, piccolo di statura e quando fu a due o tre metri da noi riecco di nuovo la stessa luce, la stessa immagine che avevo visto tre giorni prima. Allora mi sono detto: ora non ho più dubbi, la Madonna vuole da me qualcosa che ancora non riesco a capire.
Trascorso qualche giorno, mi recai dal parroco don Ugo Schimera e gli descrissi i fatti. Lui mi chiese se ricordavo come era vestita questa figura che avevo visto, gli dissi: tutta vestita di bianco e una fascia azzurra, da un’immaginetta riconobbi, la Madonna di Lourdes.
Dopo vari colloqui, il parroco mi disse: “la Madonna certamente vuole che tu ti occupi delle persone che soffrono, dei malati in genere” e decidemmo in seguito di fare un pellegrinaggio a Lourdes. Ecco che cominciai a fare il giro del paese per preparare una lista di malati.
Conobbi Mirella proprio perché andai ad invitarla a partecipare al pellegrinaggio, mi disse con una vocina tremula: “vorrei, ma non mi sento di affrontare il viaggio”. Nell’andare via, le chiesi se potevo ritornare a trovarla; mi rispose: “con molto piacere”.
Al pellegrinaggio, che si tenne dal 20 al 26 giugno 1979, il primo di una lunga serie per me perché sono ritornato ben undici volte come volontario, furono invitati altri ammalati, altri pellegrini e volontari e ci aggregammo tutti all’associazione UNITALSI di Taranto.
I malati non avevano disponibilità economiche, ma volevano partecipare. Non mi persi d’animo e cominciai ad avvicinare amici, negozianti, commercianti e tutti contribuirono con qualcosa e raggiunsi la somma necessaria. Per ogni ammalato versai la somma di £. 50.000 e le restanti £. 40.000 le pagarono gli bstessi ammalati.
Il pellegrinaggio andò bene tanto che l’anno successivo ritornammo e ognuno pagò l’intera somma di tasca propria.
Tornato da Lourdes, andai da Mirella e comincia la mia frequenza, tutte le sere, per sei anni; durante le feste sono stato vicino a Mirella accanto al sua lettino. Mirella non aveva compiuto ancora quattordici anni, era una ragazzina molto bella, a scuola intelligente, amava la vita e lo stare in compagnia, di corporatura esile per via della malattia, poiché già all’età di nove anni cominciò ad accusare fastidi alla testa e in tutto il corpo. Venne ricoverata nell’ospedale Vito Fazzi di Lecce e qui fu operata alla testa. Intanto io continuavo a trovare Mirella tutte le sere e cercavo di capire, di entrare nella mentalità, nelle idee e nei bisogni di Mirella. Vedevo che soffriva, la guardavo negli occhi e vedevo il suo sguardo lontano, assente ma attento alla conversazione, al dialogo. Fin dai primi giorni Mirella aveva voluto chiedermi se potevo raccontarle la vita di Gesù e la vita dei Santi ed io le facevo un po’ di catechismo, anche perché ero davvero catechista.
Devo dire però che ci aiutavamo a vicenda, perché con grande sorpresa sentivo da Mirella delle cose che una ragazza della sua età e senza esperienza non avrebbe potuto capire. Intanto si pregava col Rosario e con la celebrazione del Vespro.
Mirella, terza di cinque figli, soffriva ed aveva bisogno di medicinali, ma la famiglia era molto povera. Frequentando la casa, mi accorsi che a volte non avevano soldi per comprare l’insulina, perché Mirella era anche diabetica.
2 febbraio 1982 si trovava in parrocchia Suor Piera Luisa dell’ordine della Consolata da venticinque anni missionaria in Tanzania che insieme ad altri due missionari visitava le famiglie ed io la accompagnai nel rione dove abitava Mirella. La visita fu breve ma ci proponemmo di ritornare e così fu. Nella stessa settimana ritornammo a casa di Mirella e questa volta nacque un discorso più maturo perché anche la suora si accorse subito che Mirella aveva qualcosa di diverso rispetto ad altre persone che come lei soffrivano. La suora raccontava che aveva conosciuto un’altra ragazza di Locorotondo di nome Michela Coltella di 18 anni, anche lei malata terminale, che per sentirsi in comunione con il mondo esterno scriveva delle lettere oppure registrava la sua voce su nastro e la scambiava con altre persone senza mai averle conosciute. Poi Mirella le scrisse, tramite me, una piccola lettera che riporto qui. Sono tutte parole sue dettate dal suo cuore:
“Amatissima Michela, anzitutto di debbo ringraziare perché mi hai dato occasione di conoscerti per mezzo del nostro inciso come pure di avermi scritto. Anch’io sono una non vedente per cui scrive un altro fratello in Cristo per me. I miei giorni li passo a letto come gli anelli del Rosario, cioè tutti uguali, nello stesso modo dei tuoi, col pensiero rivolto al Signore, unita alla sua passione in ogni istante. Per averti conosciuta debbo ringraziare la Suora missionaria suor Luisa Piera di Torino e i padri che erano insieme durante la settimana missionaria in Taurisano. La mia sofferenza non mi allontana dal Signore, anzi, io lo ringrazio del dono che mi ha dato e per questo il mio cuore è sempre aperto ad ascoltare la Parola del Signore e mettere in pratica il suo insegnamento. La pasqua del Signore ci è di monito per i nostri peccati, le nostre debolezze, caricando sulle sue spalle il peso della croce e in quella croce vi sono tutti i peccati del mondo. Oggi noi viviamo la sua passione, ma con la sua risurrezione ci fa capire che anche noi un giorno saremo chiamati al suo cospetto e dal quel giorno comincia la nostra vita e quella di tutti gli uomini di buona volontà. Firmato Mirella”
17 febbraio 1982 ore 15.30, intervista su nastro a cassetta a Mirella per poi inviare a Michela. Si pensava ad un pensiero, ad un colloquio, ad un saluto anche perché la conoscenza è avvenuta tramite qualche rigo scritto invece mano a mano che il nastro scorreva Mirella parlava: raccontava di quando era in ospedale, di quando fu operata alla testa, quando ad un tratto vide una grande luce (come era possibile per una non vedente vedere una grande luce?) e udì una voce che diceva: “Mirella perché mi chiami, che cosa vuoi da me? E lei: “Signore, Signore io voglio che tu mi guarisca! Il Signore rispose: “Io ti guarirò se tu diventerai suora però ricordati del tre”.
L’intervista non è tutta qui ma il fatto più importante, più meraviglioso, più incredibile fu questo. Terminata l’intervista non volli insistere ancora perché vedevo già che Mirella si era stancata e c’erano altre persone in quel momento. L’indomani riprendemmo di nuovo il discorso perché io ormai ero costante e tutte le sere ero vicino a lei. Si pregava con i vespri, poi le leggevo e commentavo una pagina di un libro, secondo quello del momento, soprattutto “Gesù di Nazareth” e poi di nuovo il discorso della visione. Fatti i primi commenti le chiesi di quale ordine doveva diventare suora e lei senza esitazione disse: “l’ordine delle suore Martelline”.
Io sapevo che nelle suore Marcelline non c’era possibilità di entrare perché l’ordine non prevedeva casi del genere, ma lei ripeté di nuovo che era quello delle suore Marcelline l’ordine di cui doveva far parte. Non sapevo cosa fare e dopo qualche giorno dissi: Mirella, domani vado a parlare con il vescovo, gli faccio ascoltare la cassetta e se mi può dare un consiglio, bene. Così feci, andai dal vescovo che fortunatamente trovai libero e disponibile, esposi il problema e dopo aver ascoltato la cassetta disse: dovrò venire a trovare questa ragazza per conoscerla e sapere quanto c’è di vero, ma intanto ti suggerisco di andare dalla madre superiora dell’oasi di Tricase per parlare anche a lei di questo fatto. La stessa cosa accadde con la madre superiora, che ascoltò me, la registrazione, le dissi che il vescovo sarebbe andato a trovare Mirella e, dopo qualche dubbio, programmò una visita a Mirella. Ne fui felice e contento tornai da Mirella per raccontare tutto. Mirella era felice, non sapeva più come ringraziarmi e alla fine mi disse: tu, Gigi, sei per me il fratello maggiore, pregherò per te il Signore perché possa esaudire i tuoi desideri.
Sapeva che ero disoccupato e che andavo alla ricerca di un lavoro, che avevo una famiglia a cui badare ma la sera stavo volentieri insieme a lei per pregare e chiacchierare. Aveva tanto bisogno di attenzione, di compagnia per trascorrere il tempo e parlare. Tra una preghiera e l’altra, un libro e l’altro, Mirella ha imparato tante cose come se avesse studiato e teneva ben conservato tutto quello che ascoltava mentre io leggevo come si può tenere un tesoro ben nascosto. Della registrazione di Mirella feci una ventina di copie per distribuirle. Intanto la gente cominciò ad affluire in casa di Mirella, tutti volevano vederla e man mano che i giorni passavano, sempre più gente andava a casa sua con l’intenzione di portare conforto a Mirella ma alla fine si accorgevano di essere loro consolati e confortati da Mirella.
Il vescovo fu positivo nei confronti di Mirella tanto è vero che in seguito ritornò più volte a trovarla. Per quanto riguarda il seguito con le suore Martelline penso che saranno loro stesse a fornire quel che loro hanno fatto con tanta gioia, tanto amore e senza fare nomi dirò che tutte le suore hanno voluto veramente tanto bene a Mirella. Per quanto mi riguarda, dirò solo che spesso mi sono incontrato con le suore con o senza Mirella a casa sua, all’oasi, in ospedale per essere al corrente del loro interessamento per Mirella. La madre generale e persino il padre spirituale sono venuti più di una volta a trovare Mirella.
Domenica 28 febbraio 1982, dalla Chiesa della Trasfigurazione in Taurisano venne trasmessa alla radio locale la Santa Messa. Invece dell’omelia, la registrazione con la voce di Mirella. Silenzio assoluto, attenzione totale, alla fine della messa tutti volevano sapere chi era questa ragazza e mi chiedevano informazioni.
Fu una processione di gente tutti i giorni, ma come succede in queste occasioni, molte persone si recavano per consolare, altre per curiosità, ma tornavano a casa consolate perché Mirella trovava per tutti parole grandi che facevano riferimento all’amore di Cristo e della Madonna…..
Vi era in Leuca, nel Santuario, una mostra sulla Sacra Sindone. Gliene parlai e le spiegai che cosa fosse; andammo a Leuca. Io le descrivevo tutto quello che vedevo fino a quando ci trovammo di fronte ad un grande e bellissimo Crocifisso che anch’io vedevo per la prima volta; la avvicinai senza dire niente, presi le sue mani e dissi solo che fosse il suo cuore a parlare, gli sfiorò il costato, poi la testa e il volto e disse: “Signore mio, che ti abbiamo fatto!”.
Seguì poi una visita alla Madonna in Chiesa, qualche preghiera prima di tornare a casa. Era seria, non parlava, sembrava stanca.
A casa mi chiese se potevo ritornare la sera da lei per pregare; accettai volentieri perché lo desideravo anch’io. La preghiera era per noi il pane quotidiano senza la quale non si iniziava nessun dialogo.
Ormai Mirella non si alzava più dal letto, non aveva più la forza per farlo, ma, nonostante tutto, non rifiutava mai le visite che la gente continuava a farle. Mi riteneva il suo fratello maggiore, eppure quando desiderava qualcosa, lo chiedeva sempre con grazia, con tanta dolcezza. Mi chiese se potevo scrivere una poesia che nella sua mente aveva studiato in ogni minimo particolare, si intitola:
“LA SOLITUDINE”
A volte, nella vita, succede che si accostano
amicizie non gradite.
Ma queste si uniscono ugualmente,
una di queste è la solitudine, la più brutta tra le altre.
Sono sola in casa in compagnia della mia vecchia
amica “la solitudine”.
Le lancette dell’orologio contano i minuti,
io li conto insieme a loro.
Ad un tratto sento scoccare un’ora e mi chiedo:
sarà mai possibile,solo un’ora è trascorsa?
Ma l’ora è di sessanta minuti?
Io ne ho contati di più.
Ecco, adesso capisco che è l’orologio
del mio cuore e che ha sbagliato.
Infatti le ore sembrano giorni
e i giorni anni.
Oh! cara solitudine, fa’ un po’ di cambio con la gioia,
sembri un caffé amaro.
Ecco una mosca che compare
ma gira e rigira anche lei in due secondi scompare.
Che strani effetti causa la solitudine,
sembra che il mondo si sia fermato, che non gira più.
Gli uccelli dell’aria, le farfalle,
tutte le cose belle non esistono più,
rimangono solo quelle brutte.
Resta solo un unico sapore: l’amaro.
Ti stringe il cuore e poi, a volte, come fosse cibo,
ci metti le lacrime per contorno.
Mirella Solidoro
Ricordo anche che una volta si lamentava perché la sua vista non era come quella di tante altre ragazze. Voleva andare a scuola, giocare, correre, stare con le amiche, conoscere com’è il mondo esterno….. ma, poi, si riprendeva subito e ringraziava il Signore che per lei aveva tracciato questa strada.
Mirella cara, sono il tuo “fratello maggiore”, come a te piaceva chiamarmi, sono Gigi, che per anni ti sono stato vicino, ho avuto cura di te spiritualmente, ti ho dato tutto quello che era nelle mie possibilità. Forse ti ho dato qualcosa, ma da te ho molto ricevuto. Stare accanto a te era la mia missione. Ricorderò sempre con gioia la tua ansia, la tua fame di sapere, di ascoltare la lettura, eri affamata di Gesù, del suo insegnamento e ne hai fatto tesoro.
Poi un giorno ti dissi: “Mirella non hai più bisogno di me, molta altra gente viene a trovarti, vuole conoscerti e certamente tante altre cose vorrai sapere”.
Avevo, purtroppo, i miei problemi, mi trovavo disoccupato da tanto tempo e tanto altro tempo è passato dopo e un po’ ti ho trascurata, di rado venivo a trovarti e quando lo facevo era per te una grande gioia sentire la mia voce.
Mi preparai anche come Ministro straordinario dell’Eucaristia per poter stare vicino a te con Gesù, ma non mi fu concesso diventarlo.
Però feci venire altre persone che potevano farlo perché desideravi ardentemente ricevere Gesù.
Mirella ha guardato solo a Gesù, ha voluto sapere tutto della sua vita e della vita dei Santi, rivelandosi così una ragazza saggia perché ha costruito la sua fede sulla roccia, sulla sofferenza, sino alla fine.
Addio cara Mirella, non ti vedrò più, non sentirò più la tua voce, non ti sentirò più che mi chiami “fratello”, sappi però che ogni volta che aprO un libro e leggO una pagina, ogni volta che prego, leggo e prego con te, vicino al tuo lettino dove ogni sera si pregava e si meditava.
Ora, lassù, puoi finalmente correre, giocare ed essere felice fra gli Angeli del paradiso perché così è piaciuto al Signore.