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Testimonianza Padre Giovanbattista

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Ho conosciuto Mirella Solidoro sin da quando ero residente a Maglie (Le), dunque nell’ anno 1992 o 1993. Un mio amico me l’ aveva “segnalata”. Fino a poche settimane prima della sua morte, anche quando fui trasferito a Francavilla Fontana (Br), le ho fatto delle visite, distanziate da alcuni mesi, oltre alle numerose telefonate. E mi sono sentito profondamente legato a lei, che mi appariva come una vittima della Umanità sofferente di Cristo Gesù. In lei ho visto incarnata la Sapienza della Croce. Ho avuto qualche confidenza; dimostrava stima e venerazione al sacerdote di Cristo che vedeva in me.
Era di poche parole. Abbiamo spesso e spontaneamente osservato lunghi silenzi. Abbiamo pregato, e pregato bene insieme.
È  questo, oltre al suo eroico portamento sotto la croce, il ricordo più dominante che mi ha lasciato: la sua permanente disposizione alla preghiera. L’immagine che porto di lei è Mirella assorta in preghiera. Disse che passava giorno e notte unita ai cuori di Gesù e di Maria. Era lei l’orazione. Quanto mi ha dato! Ancor’ oggi la ricordo prevalentemente così.
Mirella era aperta nel parlare, chiara e con delle espressioni appropriate, anche di certe delusioni ricevute dalle persone. Tutto offrì a Gesù e a Maria.
Più che le proprie interminabili sofferenze fisiche, la scossero i dolori della sua famiglia in difficoltà gravi di salute e di povertà economica.
Forse fu distolta dalla pace del cuore nel vedere le sofferenze della mamma  la quale, con grandissima fede, offrì al Signore le pesanti croci di ogni giorno, di ogni anno.
Mirella era piena di lode e di gratitudine verso tutti i suoi familiari. Adorava il fratello Antonio  che l’ha assistita e curata, come fosse la sua seconda mamma.
Mirella era felice e più che contenta, raccontando che gli ultimi anni era associata come sorella consacrata e come “prima pietra” al nuovo Istituto Secolare dell’Ordine Religioso delle Marcelline.
Per lei il contatto con le suore, nelle quali vedeva unicamente, e amava da figlia felice, le Spose di Gesù, non poteva essere di troppo.
Riceveva qualche lettera materna dalla Provinciale e anche qualche visita personale che aspettava sempre con ansia.
Il filo d’oro nella vita di Mirella, il leitmotiv, l’unica aspirazione del suo cuore fu l’adorabile Volontà di Dio.
Tutte le problematiche di tipo fisico o di carattere spirituale, mentre le lasciavano profonde tracce di sofferenza e lotta, si convertirono in coraggio, sopportazione generosa, costanza e comprensione amorevole, di fronte a Gesù sofferente e crocifisso.
Era immensamente grata a Gesù che le aveva dato “occhi nuovi”, dopo la perdita della vista.
Al telefono, un dì io dissi: “Prego che il Signore ti liberi dal dolore –dolori terribili di denti e trigemino- che ti dia almeno un po’ di tregua. Rispondeva Mirella: “Ma non dire così, padre, non devi parlare così’. Prega che possa fare sempre la sua volontà”.
Un affluente di questo fil d’oro era la sua consacrazione, da sempre, alla causa dei peccatori.
Penso che, se di intenzioni particolari si può parlare in lei, la conversione dei peccatori era il bacino in cui tutte le offerte e domande per preghiere particolari affluirono. Per  i peccatori, pregava, soffriva e offriva, perché la conversione loro era tout court la volontà di Dio; era dovuta al suo amore misericordioso.
Mirella aveva una sublime intuizione della “eterna misericordia divina”. Ricordo di averne parlato esplicitamente.
In una lettera alla famiglia  Solidoro, poche settimane dopo la morte di Mirella, avevo scritto così: “…lei, che nella sua breve vita qui ha dato tutto quello che aveva a Dio per i colpevoli: la luce degli occhi, la giovinezza, la salute, l’autonomia motoria…Ha rinunciato per loro ad ogni sogno di vita felice; ha offerto spontaneamente e senza tregua per loro il suo cuore e l’intera vita di costanti dolori: tutto!”
Mirella è diventata la più povera tra i poveri, nella casa povera di una famiglia povera. Pochi anni fa la famiglia fu sloggiata dalla loro abitazione dichiarata inagibile. Hanno occupato il vano garage sotto la casa di un fratello di recente sposato.
Durante gli inverni freddi non c’ era il riscaldamento per la mancanza di soldi. Ho visto Mirella soffrire il freddo. Alla domanda di compassione “come mai ?”, ella ammetteva di sentirsi fredda ma mai si lamentava di questo. Si preoccupava invece di spiegarmi come e perché non si potesse accendere la piccola stufa a gas. Mai ho sentito una sola parola di lamento o di compassione su se stessa.
Del resto, non l’ ho mai vista piangere. Ma neanche sbuffare o qualunque altro segno di impazienza o stanchezza o noia.
Eppure, dopo la pietosa e faticosa pulizia personale, ogni giorno, la aspettavano 24 ore di immobilità sul suo lettino, sempre nella stessa posizione sdraiata, con poca protezione dall’ambiente freddo.
Sembra che in certi periodi Mirella sentisse il bisogno di compagnia di estranei che andassero a trovarla. Sempre, se ho bene capito, mi raccontava del distacco che si era creato tra lei e certe amiche della prima abitazione in via Puccinni. Anche suo fratello Antonio me ne parlava: troppe persone, dopo il trasferimento di Mirella, si erano allontanate da lei e dalla famiglia. Egli si lambiccava il cervello per scoprire il perché. L’essere ignorati costituiva una grande sofferenza in tutti i familiari di Mirella, la quale, in questo abbandono degli amici, scorgeva la missione di essere per Gesù ancora più piccola e ignorata.
Tuttavia, in qualche mia rara visita, ho incontrato in casa sua delle persone amiche venute per salutarla. Il 29 aprile del ’99 mi disse al telefono: “Mi sono svegliata con tanti dolori al trigemino…con il Padre vicino che vuole il nostro bene con un amore infinito. Prega per le persone che sono venute a visitarmi…!”.
L’11 maggio ’99 a Taurisano mi disse: “Quando devo dare la mia attenzione ai visitatori, specialmente a molti giovani, e devo ascoltare e rispondere, rivolgo una preghiera a Dio Padre e mi fa subito sparire i dolori; soffro ora di denti, trigemino, per cui dovrei essere operata a Tricase; ma stamattina, dopo l’ ennesima visita medica, mi hanno rispedita a casa, per mancanza di un letto libero”. (Mia libera versione a memoria lo stesso giorno del colloquio).
Un altro aspetto della sua solitudine (d’oro, ossia ”Solidoro”) era l’ impossibilità di ricevere l’Eucarestia quotidianamente. Rassegnata, attendeva le volte periodiche in cui qualcuno della parrocchia gliela portasse. E lei, certamente, non insisteva presso le persone che la potevano accontentare. Lo spiegava la sua sottomissione con il suo timore di disturbare o infastidire qualcuno. Anche in questa astinenza abbracciava la volontà di Dio.
I miei incontri con Mirella li ho sempre voluti per una intima venerazione per lei. Mi rendo conto che non mi sono mai lasciato condurre dalla voglia di indagare sulla sua spiritualità o sui particolari dettagli della sua condizione fisica che, con evidenza, si dice tragica.
Ho conservato un’ annotazione in data 11 maggio 1999 che dice che in una recente precedente visita mi aveva confidato che ogni giorno di venerdì lei soffriva i dolori di Gesù, i dolori della sua corona di spine e delle cinque piaghe, uscendone sempre esausta. Se mi ricordo bene, aggiungeva che nessuno lo sapeva, fatta eccezione della sola mamma e/o del fratello Antonio.
Mi ricordo anche che le ho chiesto quali studi avesse portato a termine e chi le avesse  insegnato una conoscenza tanto profonda della nostra fede.
La sua risposta era che da piccola la nonna, la quale Mirella considerava e venerava come una donna santa, era stata la sua insegnante e il suo modello di vita.
Verso la fine dei miei ricordi devo pure menzionare due episodi misteriosi dei quali non ho mai ricevuto una spiegazione da nessuno dei familiari di Mirella.
È  successo che, per telefono, Antonio mi avvertiva che la sorella si trovava in un’incredibile crisi di agitazione e di rabbia;  mi parlava di un’energumena. Ho sentito Mirella strillare mentre stavo al telefono. Mi disse Antonio che usciva in parole blasfeme e gesticolava agitata; maltrattava la madre e i fratelli.
Mi pare che ci siano stati almeno due simili episodi, così duri ed inverosimili.
In un’ occasione ho dovuto aspettare una ventina di minuti circa prima di vedere Mirella, attendendo che terminasse una penosa scena. Solo dopo che la avevano rimessa in ordine entrai nella sua stanza. E la trovai calma e nuovamente padrona di se stessa, come sempre, senza fare un minimo accenno all’accaduto. Mi dissero: “non se ne ricorda per niente”. Qui finiscono i miei ricordi.
Giorni fa sono andato a trovare la famiglia Solidoro per ascoltare con calma le loro testimonianze. In particolare intendevo avere la loro conferma e verifica delle poche cose che fin qui vi ho descritte. Mi hanno dato da leggere anche la relazione delle Suore ospedaliere di Tricase, con l’aggiunta data del 24/11/’99.
Col risultato che non ho trovato niente da modificare nel mio scritto di sopra, anche se ho ora appreso parecchi dettagli che non conoscevo e che potrebbero servire per completare le  indagini biografiche sulla Vostra Mirella.
Qualche esempio:
Nessuno sembra abbia mai visto delle stimmate, ma del sangue sul petto sì. Le sofferenze di Mirella, quelle cruenti dei venerdì, sono state osservate in casa come in ospedale di Tricase.
C’è stato un periodo in cui numerosi curiosi o devoti accorrevano da Mirella, persino da lontano con un pullman.
Ci sarebbe da approfondire il rapporto particolare, la comunione di Mirella con la piccola Serva di Dio Santina Campana. Et similia.
Sono molto contento che in questi giorni, nello scrivere questa testimonianza, il mio spirito è stato continuamente in comunione con Mirella. Ci siamo intesi così bene sin dall’inizio. Vorrei che restasse sempre così. Non mi è possibile pensarla al di fuori o al di sotto della Beatitudine eterna che la misericordia amante e giusta del Padre le ha donato in pienezza, tirandola a sé.
È  vero che ogni creatura umana, all’ ora della morte, deve lasciare, abbandonare, rinunciare a tutto. Mirella, no! Non doveva più lasciare niente; era quella povera figlia che dal suo nulla aveva già donato tutto allo Sposo.
Nel dolore, nella lotta, nell’abbandono, nell’impotenza ha “molto amato”; ventun anni interminabili, striscianti, dolorosi, tentatori e disperati hanno reso l’oro grezzo rovente ed ardente, ed è gocciolato su di noi l’oro puro dell’amore divino, della Grazia che è Cristo stesso, grazia donata e condivisa con Mirella, nostra sorellina.
Per questo rendo grazie al Signore, benedetto nei secoli!


                                                                                                                                                                                                P. Gianbattista van der POL, cappuccino.
                                                                                                                                                                                                Francavilla Fontana, 8 marzo 2000